«Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza»
(Dante Alighieri)
Fermo
restando la parziale collaborazione con la Gelmini, che mi pare non all'altezza
di Israel, devo dire che sostanzialmente concordo con le premesse e le
conclusioni di Giorgio Israel.
Da
Berlinguer in poi, senza soluzione di continuità, c'è una linea
trasteverina "revanscista"
contro il Liceo Classico e Scientifico.
Fermo
restando che ogni disciplina, ogni sapere, ogni percorso formativo, ha la sua
"dignità" (epistemologica e non), tuttavia non si può non concordare
con le ovvie conclusioni di Israel. Noi Scuola non siamo nati per fare il
centro di pre-addestramento a Marchionne, oppure per gestire le relazioni umane
e pedagogiche secondo paradigmi "efficientisti" ( recentemente stigmatizzate
come male della società da Papa Francesco), o per forgiare dei consumatori da
trash-talk show "amicali". Dovremmo fornire una
"consapevolezza" da cittadinanza pro-attiva all'altezza della
globalizzazione. Se chi critica questo allarme sull’impoverimento culturale
complessivo, che la flessione del gradimento formativo dei Licei impone, vuole invece dire che la cultura
"liceale" non è "condizione necessaria e sufficiente" per
avere una società genericamente "migliore", allora sono d’accordo. Questo
è ad esempio ampiamente testimoniato dal dramma della Shoah: i gerarchi nazisti
spesso erano estimatori e conoscitori della "cultura classica", dalla
musica, alle poesie, alla pittura.
Ovviamente questo non vuol dire che la cultura classica ha prodotto i
"mostri" del secolo scorso. La situazione è, come sempre,
"leggermente più complessa" e sfugge a schemi meccanicisti.
La
Scuola può scegliere se "riflettere" p-a-t-e-t-i-c-a-m-e-n-t-e la
società attuale (società "liquida" magari per una scuola
"liquida"?) oppure se provare a "rifletterla" criticamente,
dopo di che se per caso conveniamo che dovrebbe rifletterla criticamente e
costruttivamente, allora dovrebbe attrezzarsi.
Come?
Esponendo
la storia del vino servito all'alberghiero o sapendo esporre la concezione
dialettica della società? Sapendo commentare la teoria della relatività oppure
sapendo svolgere una equazione con strumenti compensativi e dispensativi e
magari in linguaggio aumentativo?
Fermo
restando una "certa" trasversalità delle competenze nella rosa dei
saperi, che a mio avviso dimostra SOLO l'unitarietà del Sapere, tuttavia è
pericolosamente "deconcettualizzante", per me "attrezzarsi"
significa avere gli strumenti critici adatti a intercettare la complessità
della realtà.
Dove
li possiamo pescare? Da quali esperienze culturali e umane?
Non
credo di dover ricordare il "luogo comune" secondo il quale i
principali "nodi" dell'essere uomo e dell'essere animale sociale sono
stati affrontati nella cultura classica e sono domande e risposte valide
"eternamente"...se non ci credete chiedete alla Chiesa .
Comunque
tornando alla discussione, nella linea di continuità che parte da Berlinguer a
Viale Trastevere, c'è in nuce la visione "delle larghe intese" sulla
Scuola:
per
la Sinistra i "Licei" sono "dell'elitè" direi snob e
anticlassista,
per
la Destra i "Licei" vanno ridimensionati perché "pericolosamente
inutili nella nostra economia"...economia e società che ricordo poggiano
sul principio dell'ADESIONE ACRITICA E INCONDIZIONATA allo status quo (un
essere proni a cui il riformismo culturale di sinistra serve solo come la
terapia del dolore alle cure palliative).
Concludo:
non mi piace una società dove dobbiamo preparare degli "avvitatori di
bulloni" anche mentali, senza che sappiano PERCHE' avvitano, PER CHI
avvitano e se serve quello che fanno oppure se è meglio fare macchine senza
bulloni, per questo sono d'accordo con Giorgio Israel e aborro lo snobbismo di
sinistra.
Se
proprio vogliamo fare una critica al pensiero di Israel, allora dobbiamo dire
che la sua visione “scolastica” comporta anche nell’ambito dell’indotto dei “giacimenti
culturali” risorse da mettere a frutto economico, cioè una certa visione “aziendalista”:
investire in cultura classica e umanistica conviene economicamente. Ecco questo
meriterebbe un approfondimento che muova dal presupposto che l'equivalenza di ciò che è profittevole è anche umanamente conveniente è più un vago sinallagma che un'equivalenza e in ogni caso lo Stato investe anche in settori dove non ci sono margini di profitto...magari non immediati.
Ma
per il resto mi pare dica cose assolutamente condivisibili e di buon senso,
quindi assolutamente r-i-v-o-l-u-z-i-o-n-a-r-i-e per il nostro Paese.
Post
scriptum: A proposito della presunta superiorità culturale dei percorsi
formativi “pratici” rispetto a quelli “teorici”, mi ricordo che la dicotomia
tra scienze esatte o nomotetiche e scienze approssimate o ideografiche, fu
brillantemente risolta da un certo Weber (il sociologo non il Fisico del il
flusso magnetico...a proposito di "quizzocrazia" in par condictio
dell'errore...a cui va riconosciuto a GIORGIO ISRAEL il merito di essersi
espresso palesemente contro....al contrario del PD, tanto per dare a Cesare
quello che è di Cesare).