Scuola, quel gran genio del Ministro Giannini

Si riporta un post pubblicato sul sito web orticalab.it:


di Marika Borrelli


Mi sono sciroppata ben sei pagine scritte fitte fitte di un dossier sul «Time» (del 24/2/14), prima di cominciare a sacramentare con più precisione sulle dichiarazioni della neo-ministra Giannini in merito alla riforma della scuola superiore.
Il fatto è questo (fonti: ANSA, La Stampa e news.supermoney.eu). Stefania Giannini, durante una trasmissione radiofonica della scorsa settimana, ha dichiarato di non aver “nulla pregiudizionalmente in contrario” alla riduzione da cinque a quattro degli anni del liceo. Se ricordate, la proposta di riduzione fu una delle ultime (ed infelici) dichiarazioni della dimenticabile ex ministra Carrozza. (Per pietà non risalgo alla Gelmini: questo povero Ministero dell’Istruzione sarà vittima di una maledizione, altrimenti non si spiegano le sue sfortune.)
Le motivazioni – leggo dalla stampa – sarebbero tutte economiche: risparmi generalizzati, specialmente nel reclutamento dei docenti, oltre che nell’utilizzo delle strutture scolastiche per meno anni. Che figata. Che acume, ’sti geni.
Addirittura, un esperto (il Rettore dell’Università di Udine, sul Corsera) parla di percorsi 7+5 e di come già altri Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, abbiano adottato il modello a dodici anni. Evidentemente, il Rettore non ha letto il dossier del «Time».Che passo a illustravi.
Negli Stati Uniti è in atto una contro-rivoluzione: superiori di sei anni, invece che quattro. Le high-school che adottano o vogliono adottare il nuovo curricolo stanno aumentando sul territorio. Non sono scuole sperimentali, fuori dal sistema, bensì saranno ’il nuovo’ sistema. Obama ha dichiarato che la nazione sta scuotendo l’impianto d’istruzione superiore, avendo come fine, nonostante l’innovazione abbia un costo statale, la riduzione della disoccupazione. Lì – come in Germania, Austria, Svizzera e Scandinavia – hanno compreso che bassi livelli d’istruzione (meno anni uguale meno contenuti) corrispondono a più disoccupazione. Chiariamo subito un concetto: non si tratta di scuole di specializzazione (spesso asincrone con il mutevolissimo mercato del lavoro), bensì di fortificazione dei fondamentali (metodo e basi cognitive), perché una mente allenata risponde più creativamente alle richieste di nuovi lavori (specialmente nel terziario avanzato) nonché veloci adattamenti e/o riconversioni occupazionali. Nelle secondarie-a-sei-anni si offrono agli studenti percorsi multipli e approcci multidisciplinari all’apprendimento nonché alla vita. Sì, avete letto bene: alla vita. Un cittadino migliore, più preparato globalmente alle sfide sociali ed anche personali, è un investimento l’intera nazione.



Ad Harvard hanno analizzato i tassi nazionali di disoccupazione e di reddito, correlandoli al grado d’istruzione secondaria (esclusi i titoli accademici, quindi). Risulta disoccupato il 9,6% dei diplomati di scuola primaria e il 6% dei diplomati della secondaria (ancora a quattro anni). Certo, rispetto ai nostri numeri, queste percentuali sembrano ridicole, ma siamo noi gli alieni, non loro. Negli States si stanno preoccupando molto più di noi delle asimmetrie socio-economiche, così, invece di parlare di redistribuzione del reddito, una formula di tipo assistenziale (che per loro è una parola sconcia) o di incremento del prelievo fiscale (altra bestemmia dai tempi di Reagan), avendo studiato il problema, offrono alla popolazione migliori strumenti per dare il meglio dal punto di vista personale per vincere la sfida economica e della ricerca.
È una nuova missione, quella di rifondare l’istruzione secondaria negli USA, anche perché uno dei tasselli passa per l’eliminazione dei test in ingresso: tutti dovranno avere le stesse basi, ognuno le declinerà alle caratteristiche personali, niente selezione come i rulli per la cernita delle castagne: prima scelta, seconda scelta…
Personalmente, sono da sempre contraria ai test d’ingresso, perché le capacità adattive in un mondo vario e mutevole non possono essere stabilite a priori, attraverso quesiti spesso da trivial pursuit (me ne sono occupata variamente qui http://www.orticalab.it/Universita-e-numero-chiuso-cui, qui http://www.orticalab.it/I-figli-mortificati-e-il-senso-di , più nei vari articoli sull’ultimo concorso per il reclutamento dei docenti. Qui http://www.orticalab.it/Ci-faranno-fuori-per-sfinimento, qui http://www.orticalab.it/Concorsone-level-II-l-eliminazione , qui http://www.orticalab.it/Il-Concorsone-the-Challenge , qui http://www.orticalab.it/La-nave-di-Antoine-non-c-e ed infine qui http://www.orticalab.it/Ancora-di-esami-scuola-e . Lo so, sono una rompipalle, ma mi piace la precisione e poi — come potete constatare — l’argomento mi è davvero caro).
Ho conosciuto fin troppi ragazzi schiappe alle superiori ma geni all’università (prima dell’introduzione del numero chiuso e dei test d’ingresso, ovviamente) per credere nel sistema di valutazione attuale, nella selezione in ingresso e/o nella docimologia applicata dai docenti.
Così come non apprezzo l’intensività delle lezioni e la conseguente ansia da programma, che aumenterebbe accorciando la durata dei licei: ci vuole il tempo di sedimentazione, di riflessione, come fanno le scuole in Finlandia (http://karli.overblog.com/2011/07/finlandia-docet/ ). A volte basta un solo argomento e ci fai girare attorno tutto l’universo dello scibile.
Che sconforto che mi viene, se ripenso alla leggerezza con la quale i Ministri sparpagliano idee a casaccio.
Prendo in prestito da Ginettaccio (così il premier capisce più velocemente): "L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!"


http://www.orticalab.it/Scuola-quel-gran-genio-del