Orgogliosamente “non meritevoli”



Riceviamo e pubblichiamo

La legge scuola approvata nel 2015 prevede una distribuzione di denaro ai docenti “meritevoli”, distribuzione affidata al dirigente sulla base dei criteri stabiliti dal Comitato di valutazione. Pur convinti che l'unico effetto della norma sarà nel tempo quello di creare divisione tra i docenti, contrapponendo gli uni agli altri per pochi euro, lo scorso anno abbiamo deciso di impegnarci a sostenere il dibattito e a portare nel Comitato di valutazione del nostro Istituto comprensivo le nostre istanze di distribuzione egualitaria del premio, in virtù del carattere collegiale e cooperativo del nostro modo di fare scuola. Il Comitato si è trovato a discutere per stilare i criteri solamente alla fine di giugno 2016, cioè a formulare i criteri per l'assegnazione del premio quando già l'anno scolastico era passato. Evidentemente questa procedura “post quem” è emersa nel dibattito e ha fatto sì che anche membri del Comitato che in generale non sarebbero stati a favore di una ripartizione del “premio” in parti uguali, nello specifico non sapevano come sostenere le ragioni di una distribuzione differenziata, sia perché sarebbe stata attaccabilissima dai ricorsi, sia perché avrebbe anche snaturato il concetto stesso di merito dal punto di vista dei sostenitori della riforma, che ipotizzava per lo meno un percorso trasparente e informato dei docenti. Quindi il Comitato ha votato cinque contro uno (voto contrario della dirigente scolastica) di suddividere per l'anno trascorso il premio in parti uguali tra tutti gli aventi diritto, e ha ribadito tale scelta bocciando una ulteriore richiesta della dirigente di fare un'eccezione per alcune sue collaboratrici. Tutto sembrava deciso. I genitori e gli insegnanti che componevano il Comitato di valutazione perché scelti democraticamente dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di Istituto avevano espresso il criterio senza alcuna ambiguità interpretativa. Dal verbale era chiaro che si sarebbe trattato solo della situazione contingente, ma almeno per quest'anno la scelta e le motivazioni erano inequivocabili. La dirigente, membro del Comitato non perché scelta attraverso un voto ma in qualità del suo ruolo, avrebbe dovuto rispettare nella attribuzione del premio il criterio espresso. A quel punto (luglio 2016) non rimaneva che aspettare. Solamente a gennaio 2017 abbiamo avuto, dopo molte richieste, lo scarno documento in cui erano elencate le somme attribuite e il numero dei premiati. In sintesi La Ds aveva escluso il 39 % dei docenti aventi diritto e aveva attribuito ai 55 docenti scelti somme differenti che andavano da 1000 a 200 euro. La dirigente aveva quindi scelto di non rispettare in alcun modo i criteri espressi dal Comitato di valutazione per l'anno 2015-16. Non che credessimo in modo eccessivo alla possibilità di far valere i principi democratici nell'applicazione delle norme più deleterie della legge 107. Però a questa battaglia, pur minimale e limitata allo scorso anno scolastico, ci eravamo appassionati: ci aveva dato forza l'idea di premiare l'intero corpo docente di un istituto in cui la cooperazione prevale sulle logiche di concorrenza, l'assurdo giuridico del criterio che viene formulato ad anno terminato, e poi la fiducia dei colleghi e delle colleghe che avevano sostenuto le candidature in nome di questa idea di scuola cooperativa. E infine avevamo ottenuto – dopo varie riunioni - la formulazione inequivocabile di un criterio stringente per la dirigente... C'era di che illudersi... Ma le illusioni spesso devono lasciare il campo alla durezza della realtà. Certo, se fossimo davvero in un'istituzione democratica e rispettosa delle norme, forse il Dirigente dell'Ufficio scolastico regionale, avvertito dell'illegittimità dell'atto, chiederebbe informazioni e poi interverrebbe per rimediare, e per vincolare la dirigente - che ha creduto di poter fare quello che le pareva in barba al parere del Comitato – al rispetto delle procedure prescritte dalla legge 107. Chissà…  Forse invece quello che dobbiamo imparare da questa vicenda è che alla fin fine le norme servono a poco, che le procedure “democratiche” possono ridursi a pure finzioni e che la nostra dirigente di allora (oggi è cambiata) è il perfetto prototipo della scuola che avanza: quella dei presidi che decidono loro. Peccato, perché entrare in classe, educare ai principi della democrazia, parlare del nostro Paese come di una Repubblica democratica, rispettosa della Costituzione e delle regole democratiche risulta essere sempre più difficile. L'unica consolazione che – personalmente - ci rimane, alla fine di questa piccola avventura nella “buona scuola”, è la strana fierezza che ci deriva dalla constatazione di far parte degli esclusi, di essere tra quelli non premiati, considerati cattive e cattivi maestri... sarà stato perché la dirigente ritiene che insegniamo male? O forse perché abbiamo avversato la legge 107 e non le abbiamo mai risparmiato critiche? Non importa: l'importante è che noi siamo orgogliosi di essere semplicemente insegnanti che cooperano con altri insegnanti.

Monica Fontanelli e Gianluca Gabrielli (insegnanti IC 20 Bologna)