La crisi che ci sta tenendo soli,col fiato sospeso e con la preoccupazione dei pericoli per la propria vita ci sta insegnando come per vivere bene siano necessari forti e sicuri legami comunitari.Da soli non si è al riparo da nessun pericolo.Ci sta insegnando a fare buon uso delle tecnologie,che proprio in momenti come quelli che si sta vivendo, ci restituiscono la possibilità di mantenere in vita rapporti familiari,sociali e anche professionali.
Le tecnologie sono un aiuto,non il sostituto di ciò che si puo’ vivere e fare nella normalità;un soccorso,non l’alter-ego della socialità,del lavoro e della formazione. La crisi ci sta insegnando la bellezza dello stare insieme,faccia a faccia,dell’essere comunità ;altra cosa questa dalla somma indistinta di individui confinati nel proprio “particulare”.Si dovrebbe essere edotti che finito il tempo dell’emergenza l’uso indiscriminato,dogmatico delle tecnologie per attività a distanza a scuola e nel lavoro puo’ mettere in crisi alcuni capisaldi della nostra società e della nostra personale libertà.La disgregazione dei legami comunitari che ne potrebbe derivare rende più forti chi la progetta e la programma,più deboli,molto più deboli quelli che la subiscono e che l’accettano.Altro contano i lavoratori nel comune luogo di attività,altro contano nella solitudine del lavoro a domicilio,comunque lo si voglia nominare.
Per quanto riguarda la scuola,assodata indiscutibilmente la superiorità dello stare insieme per crescere in conoscenza e in umanità,le tecnologie devono rientrare nel rango di strumenti emergenziali per bisogni formativi speciali:chiusura prolungata delle scuole,lunghe degenze di alunni e anche alcune attività di recupero durante l’anno e nei mesi estivi. E deve essere tenuto presente che al di fuori di queste situazioni la canonizzazione della didattica a distanza ,la sua esaltazione creano il presupposto per arrivare alle scuole secondarie telematiche ,così come prima si era arrivati alle Università telematiche,cioè al dissolvimento del sistema di istruzione,magari col sussidio dell’educazione parentale ,che consente a norma di legge anche nel periodo dell’obbligo di sottrarsi alla frequenza di un istituto scolastico.
La didattica a distanza di cui si è fatto uso in questo periodo è riuscita per l’impegno generoso degli insegnanti a sottrarre i giovani alla loro solitudine e a garantire in modo molto diversificato una certa continuità didattica,a non disperdere il lavoro che si era fatto nei mesi precedenti.Ma la didattica a distanza non si improvvisa,sia dal punto di vista epistemologico,sia dal punto di vista organizzativo e puo’ creare ulteriori discriminazioni sociali all’interno della scuola tra gli alunni che la frequentano.
Il problema che si impone e che si imporrà tra non poco è quello della valutazione finale degli alunni;da quel che leggo non mi pare che ci sia un’adeguata comprensione di quello che è successo nella vita degli alunni e della stragrande maggioranza delle loro famiglie.Un periodo di vita così diverso per la società, la scuola,gli alunni e le famiglie non puo’ essere accompagnato a scuola da una modesta manutenzione dei tradizionali metodi e strumenti di valutazione.A periodo drammatico ed eccezionale devono corrispondere a scuola procedure e orientamenti di valutazione eccezionali.Per essere chiari e di poche parole gli alunni tutti devono transitare all’anno successivo e quelli di quinta agli esami di Stato.Nell’ordinamento scolastico esiste il biennio unitario dei professionali, che ha nei fatti cancellato la tradizionale periodizzazione per anni scolastici;ebbene si adotti nei limiti del possibile questo strumento per tutti gli ordini e gradi di scuola e si stabilisca per i ragazzi che presentano delle carenza che ad inizio di nuovo anno scolastico devono frequentare le relative attività didattiche di recupero.Altra strada ragionevole non vedo e quando manca la ragionevolezza la scuola si fa gratuitamente odiare.
RAIMONDO GIUNTA
Le tecnologie sono un aiuto,non il sostituto di ciò che si puo’ vivere e fare nella normalità;un soccorso,non l’alter-ego della socialità,del lavoro e della formazione. La crisi ci sta insegnando la bellezza dello stare insieme,faccia a faccia,dell’essere comunità ;altra cosa questa dalla somma indistinta di individui confinati nel proprio “particulare”.Si dovrebbe essere edotti che finito il tempo dell’emergenza l’uso indiscriminato,dogmatico delle tecnologie per attività a distanza a scuola e nel lavoro puo’ mettere in crisi alcuni capisaldi della nostra società e della nostra personale libertà.La disgregazione dei legami comunitari che ne potrebbe derivare rende più forti chi la progetta e la programma,più deboli,molto più deboli quelli che la subiscono e che l’accettano.Altro contano i lavoratori nel comune luogo di attività,altro contano nella solitudine del lavoro a domicilio,comunque lo si voglia nominare.
Per quanto riguarda la scuola,assodata indiscutibilmente la superiorità dello stare insieme per crescere in conoscenza e in umanità,le tecnologie devono rientrare nel rango di strumenti emergenziali per bisogni formativi speciali:chiusura prolungata delle scuole,lunghe degenze di alunni e anche alcune attività di recupero durante l’anno e nei mesi estivi. E deve essere tenuto presente che al di fuori di queste situazioni la canonizzazione della didattica a distanza ,la sua esaltazione creano il presupposto per arrivare alle scuole secondarie telematiche ,così come prima si era arrivati alle Università telematiche,cioè al dissolvimento del sistema di istruzione,magari col sussidio dell’educazione parentale ,che consente a norma di legge anche nel periodo dell’obbligo di sottrarsi alla frequenza di un istituto scolastico.
La didattica a distanza di cui si è fatto uso in questo periodo è riuscita per l’impegno generoso degli insegnanti a sottrarre i giovani alla loro solitudine e a garantire in modo molto diversificato una certa continuità didattica,a non disperdere il lavoro che si era fatto nei mesi precedenti.Ma la didattica a distanza non si improvvisa,sia dal punto di vista epistemologico,sia dal punto di vista organizzativo e puo’ creare ulteriori discriminazioni sociali all’interno della scuola tra gli alunni che la frequentano.
Il problema che si impone e che si imporrà tra non poco è quello della valutazione finale degli alunni;da quel che leggo non mi pare che ci sia un’adeguata comprensione di quello che è successo nella vita degli alunni e della stragrande maggioranza delle loro famiglie.Un periodo di vita così diverso per la società, la scuola,gli alunni e le famiglie non puo’ essere accompagnato a scuola da una modesta manutenzione dei tradizionali metodi e strumenti di valutazione.A periodo drammatico ed eccezionale devono corrispondere a scuola procedure e orientamenti di valutazione eccezionali.Per essere chiari e di poche parole gli alunni tutti devono transitare all’anno successivo e quelli di quinta agli esami di Stato.Nell’ordinamento scolastico esiste il biennio unitario dei professionali, che ha nei fatti cancellato la tradizionale periodizzazione per anni scolastici;ebbene si adotti nei limiti del possibile questo strumento per tutti gli ordini e gradi di scuola e si stabilisca per i ragazzi che presentano delle carenza che ad inizio di nuovo anno scolastico devono frequentare le relative attività didattiche di recupero.Altra strada ragionevole non vedo e quando manca la ragionevolezza la scuola si fa gratuitamente odiare.
RAIMONDO GIUNTA