Si scrive "libertà di scelta educativa", si legge "meno cattedre per le scuole statali"


Per la Costituzione Italiana a tutti i cittadini va garantito il diritto alla libertà di scelta educativa (art. 30) e sulla carta – per la Legge 62 del 2000 – un genitore può scegliere la scuola pubblica che desidera, statale o paritaria. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, articolo 26, afferma che i genitori “hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”. Stesso concetto è stato ripreso dalla Convenzione Europea (1950), dall’Unesco (1966), e dalla Comunità Europea (1984).

Ma in Italia in realtà il cittadino poco abbiente deve pagare, quindi non è libero. La scuola pubblica paritaria – solo in Italia (e in Grecia) – ha un costo troppo alto per le tasche dei poveri: tasse per lo Stato e retta salata per la scuola. E il cittadino povero non può scegliere dove educare il proprio figlio e i diritti educativi delle famiglie sono calpestati. Due i richiami fatti all’Italia da parte dell’Unione Europea rimasti flatus vocis. Eppure anche nella laicissima Francia le rette delle scuole “non statali” sono bassissime, a motivo dei finanziamenti ricevuti anche dalle amministrazioni locali. Quindi quando in un programma elettorale si scrive libertà di scelta educativa, si deve leggere come più iscritti nelle scuole private e meno cattedre per le scuole statali