Contratto Scuola 2022/2024: aumenti medi del 6%, ma gli effetti in busta paga saranno minimi

 


Il tavolo di confronto del 9 ottobre all’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) ha finalmente messo nero su bianco i numeri ufficiali sul rinnovo del Contratto Scuola 2022/2024. L’incremento medio delle retribuzioni previsto è del 5,78%, a cui si aggiunge un ulteriore 0,22% per il salario accessorio, per un aumento complessivo del 6%.

Tradotto in cifre, significa 136,85 euro medi mensili lordi per 13 mensilità. Tuttavia, come precisato dall’Aran e confermato anche dalle principali sigle sindacali, gran parte di queste somme è già stata erogata nel corso degli ultimi mesi attraverso due strumenti: l’Indennità di Vacanza Contrattuale (IVC) e l’Anticipo Contratto.

In pratica, una volta firmato il rinnovo, gli aumenti effettivi sul cedolino saranno piuttosto contenuti. Per molti lavoratori della scuola, il miglioramento reale dello stipendio rischia di essere poco percepibile, nonostante il dato percentuale possa sembrare significativo.

Sul fronte degli arretrati, i dati ufficiali presentati durante l’incontro indicano una media di 1.516 euro lordi per i docenti e 1.138 euro lordi per il personale ATA. È inoltre previsto un bonus una tantum da 142 euro lordi, in applicazione del Decreto Legge 127/2025, che andrà a integrare temporaneamente la retribuzione del personale scolastico.

Il rinnovo contrattuale del comparto Istruzione e Ricerca rappresenta un passaggio atteso da tempo, ma non mancano le perplessità. Molti sindacati hanno già evidenziato come gli incrementi previsti non tengano il passo con l’inflazione e non rispondano alle esigenze di un settore in cui le retribuzioni restano tra le più basse d’Europa.

Il dibattito, dunque, resta aperto: da un lato la necessità di riconoscere economicamente il valore del personale scolastico, dall’altro i vincoli di bilancio che continuano a limitare la portata degli interventi. Come sottolineato in più occasioni anche dal prof. Aldo Domenico Ficara, docente e analista delle politiche educative, “la scuola italiana non può più permettersi di essere il fanalino di coda nella valorizzazione del capitale umano. Senza un reale investimento sulle persone, qualsiasi riforma rischia di restare sulla carta”.