Dalla penna alla tastiera: premessa
Per noi è del tutto naturale battere le lettere su una tastiera e vedere comparire le parole sullo schermo, cliccare “stampa” e ottenere subito un foglio. Ma questa conquista è il risultato di un processo lunghissimo, fatto di tentativi, prototipi, migliorie e idee che si sono affinate nei secoli. In questo contesto, l’invenzione della macchina da scrivere rappresenta una tappa fondamentale: all’inizio poco considerata, poi divenuta una vera rivoluzione nell’ufficio e nella vita delle persone.
I primordi: prototipi e sperimentazioni
Non è possibile attribuire a una sola persona l’invenzione della macchina da scrivere: furono decine gli inventori, in epoche e luoghi diversi, che pensarono a una “macchina scrivente”.
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Già nel 1575, il tipografo e editore italiano Francesco Rampazetto progettò un congegno per i ciechi con caratteri in rilievo. Macchine da scrivere+2Xavier University+2
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Nel 1714 l’inglese Henry Mill depositò un brevetto per una “macchina artificiale e un metodo per imprimere o trascrivere lettere” (brevetto n. 385). Xavier University+1
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All’inizio dell’Ottocento l’italiano Agostino Fantoni, tra il 1802 e il 1806, realizzò in Toscana un modello rudimentale per la sorella Anna Carolina, cieca. L’amico Pellegrino Turri lo perfezionò e inventò anche la carta carbone. Xavier University+1
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Nel 1827 l’ingegnere italiano Pietro Conti presentò all’Accademia delle Scienze di Francia il “tacheografo”, un congegno per imprimere lettere su carta, cera o metalli teneri. Xavier University+1
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Nel 1830 Celestino Galli inventò il “potenografo”, evoluzione del tacheografo, con tasti simili a quelli della stampa comune. Xavier University
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Un passo ulteriore lo fece l’italiano Giuseppe Ravizza con il suo “cembalo scrivano” brevettato nel 1855. Il modello era molto ingombrante, in legno e ottone, e nella versione “scrittura invisibile” il foglio era orizzontale; nel 1881 riuscì a fare la versione “scrittura visibile”, con foglio in posizione verticale. History Cooperative+1
Questi esempi mostrano che l’idea era nell’aria da tempo, ma non ancora pronta per una diffusione di massa.
La macchina da scrivere “vera” e la commercializzazione
La trasformazione dalla sperimentazione alla diffusione avvenne nel corso del XIX secolo.
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Il primo modello commercialmente rilevante fu la Remington “Sholes & Glidden”, brevettata nel 1868 da Christopher Latham Sholes (con Samuel W. Soule e Carlos S. Glidden) e prodotta a partire dal 1873-74. guides.loc.gov+2National Museums Scotland+2
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Sholes è anche l’inventore dello schema della tastiera QWERTY (relative alle prime sei lettere della fila principale), adottato per ridurre gli inceppamenti dei martelletti nella macchina. invent.org
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Secondo la scheda di Britannica, le prime macchine da scrivere furono introdotte sul mercato nel 1874, ma la loro diffusione negli uffici statunitensi avvenne solo dopo la metà degli anni ’80 dell’Ottocento. Wikipedia
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Nel frattempo, inventori danesi come Rasmus Malling‐Hansen svilupparono la “Writing Ball” (palla scrivente) intorno al 1870, considerata una delle prime macchine vendute commercialmente in Europa. History Cooperative+1
Innovazioni tecnologiche e diffusione
La macchina da scrivere non fu solo una curiosità: essa introdusse tecnologie e standard che ancora oggi ci toccano.
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Il mantenimento della disposizione QWERTY nella tastiera dei computer è una diretta eredità della macchina da scrivere. Wikipedia+1
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La carta carbone, la correzione degli errori (gomma, bianchetto) e la figura del dattilografo – professione femminilizzata ed emergente con la diffusione massiva delle macchine nei primi decenni del ‘900 – sono tutti elementi che accompagnarono la diffusione. National Museums Scotland
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Il passaggio dalla macchina manuale a quella elettrica è un capitolo importante: secondo Britannica, la prima macchina elettrica fu ideata da Thomas A. Edison nel 1872 (con ruota di stampa) e sviluppata in un modello commerciale da James Smathers nel 1920. Encyclopedia Britannica
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In Italia, la Olivetti, fondata da Camillo Olivetti a Ivrea nel 1908, rese disponibili macchine da scrivere che diventeranno icone di design, ad esempio la Lettera 22 (1949-50). Wikipedia
Impatto sociale e culturale
La diffusione della macchina da scrivere segnò non solo un’evoluzione tecnica, ma anche sociale:
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Negli uffici – soprattutto in USA e in Europa – la dattilografia diventò una professione, spesso svolta da donne. L’automazione e la standardizzazione della scrittura permisero una maggiore efficienza. National Museums Scotland+1
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Nei musei di tutto il mondo (ad es. il Museo della Macchina da Scrivere di Milano nato nel 2006) sono conservati migliaia di esemplari, testimonianza del vissuto tecnologico e culturale della scrittura meccanica. Wikipedia
Significato e “enfasi italiana”
È significativo che l’Italia abbia fornito contributi precoci: da Rampazetto a Fantoni-Turri, da Ravizza fino a Olivetti, la macchina da scrivere appare anche come parte di una storia tecnologica nazionale. Quegli inventori che in gran parte non ottennero il successo commerciale devono tuttavia essere ricordati. Il passaggio dalla sperimentazione artigianale alla produzione industriale internazionale, nel caso della macchina da scrivere, segnò anche una trasformazione della scrittura, dell’ufficio e – in ultima analisi – della comunicazione.
Conclusione
Guardando oggi la tastiera del nostro computer o del nostro smartphone, possiamo riconoscere in essa l’eco di quei martelletti, nastri inchiostrati, carrelli che avanzavano riga per riga: la macchina da scrivere ha gettato le fondamenta dell’era delle scritture meccaniche e digitali. Senza quei passaggi, la velocità, l’accessibilità e la produzione di testi su larga scala che diamo per scontate non sarebbero state possibili.
Vale dunque la pena (ri)scoprire questa storia — non solo come curiosità tecnologica, ma come viatico di un cambiamento profondo nella cultura della scrittura.
La rivoluzione silenziosa: la Olivetti ET 101 e la nascita della macchina per scrivere elettronica
Un mercato da reinventare
Alla metà degli anni Settanta, il mercato delle macchine per scrivere sembrava ormai arrivato al capolinea. Per Olivetti, leader mondiale del settore, oltre un terzo del fatturato proveniva ancora da macchine meccaniche ed elettriche, ma la crescita si era arrestata. Le aziende, infatti, cominciavano a guardare verso prodotti più avanzati — minicomputer, calcolatrici elettroniche e sistemi di videoscrittura — capaci di sfruttare le potenzialità della nuova tecnologia elettronica.
Il rischio per Olivetti era evidente: restare ancorata a un prodotto destinato al declino. La sfida era dunque trasformare un oggetto tradizionale, la macchina per scrivere, in qualcosa di moderno e tecnologico, senza però stravolgerne la funzione.
La svolta: nasce la ET 101
Nel 1976, sotto la guida di Marisa Bellisario, responsabile del product planning, nasce l’idea di una macchina per scrivere completamente elettronica. Il progetto, affidato a Filippo Demonte (elettronica) e Gian Luigi Ponzano (meccanica), si concretizza due anni dopo con l’annuncio della Olivetti ET 101, la prima macchina per scrivere elettronica al mondo.
La ET 101, presentata allo SMAU del 1978, mantiene l’immediatezza d’uso delle macchine tradizionali ma introduce importanti innovazioni: stampa a margherita intercambiabile, memoria di riga per correggere gli errori e possibilità di registrare brevi testi standard. Il design, firmato Mario Bellini, comunica modernità e professionalità. Il successo è immediato: il mercato delle macchine per scrivere, dato per esaurito, si risveglia improvvisamente.
Un vantaggio competitivo da sfruttare
Tre fattori chiave spiegano il trionfo della ET 101:
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Assenza di concorrenza del PC, ancora troppo costoso per il grande pubblico.
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Continuità d’uso: la macchina è innovativa, ma familiare per dattilografe e segretarie.
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Ampia gamma di modelli: Olivetti rinnova rapidamente la linea, mantenendo sempre un vantaggio tecnologico.
Già nel 1979 arrivano le ET 201 e ET 221 con display integrato, seguite da numerose varianti (ET 121, 231, 225, 111, 115, 112, 116), fino alle versioni portatili Praxis, prodotte anche a Singapore. Le differenze tra macchine per scrivere e sistemi di scrittura si fanno sempre più sottili, come dimostra la ET 351 (1980), dotata di memoria a disco e funzioni di teletex.
Verso la videoscrittura
Negli anni Ottanta, Olivetti continua a evolvere la propria offerta con una strategia di integrazione tra macchine per scrivere e sistemi elettronici di scrittura. I sistemi ETS 1000 (1981) ed ETS 2000 (1983) permettono di collegare la tastiera a una macchina per scrivere elettronica o a un monitor.
Con l’introduzione delle ETV 300, ETV 250 e ETV 240, la transizione alla videoscrittura diventa naturale: l’utente può vedere su uno schermo il testo digitato, pur continuando a utilizzare una tastiera “da macchina per scrivere”.
Il declino: la concorrenza asiatica e l’avvento del PC
A partire dalla seconda metà degli anni ’80, il panorama cambia rapidamente. I produttori del Sud-Est asiatico invadono il mercato con macchine economiche, riducendo i margini di profitto.
Parallelamente, il personal computer diventa sempre più accessibile e versatile, capace di gestire anche la videoscrittura con programmi dedicati.
La domanda di macchine per scrivere elettroniche cala inesorabilmente, e negli anni ’90, completato il rinnovo del parco installato, il mercato entra in fase di declino.
Un’eredità che ha fatto scuola
La Olivetti ET 101 non fu solo un prodotto di successo: rappresentò una rivoluzione silenziosa, capace di prolungare la vita della macchina per scrivere per oltre un decennio.
Fu anche un esempio di come l’innovazione tecnologica possa rigenerare un mercato maturo, mantenendo al tempo stesso la continuità con il passato.
Ancora oggi, la ET 101 resta una pietra miliare della storia dell’industria italiana: un perfetto equilibrio tra design, ingegno e visione strategica.