Quando si parla di simboli dello Stretto di Messina, oltre ai paesaggi e alle correnti marine leggendarie, spiccano due colossi d’acciaio che per decenni hanno portato l’energia dall’Italia continentale alla Sicilia: i piloni dell’elettrodotto di Torre Faro e di Santa Trada (Campo Calabro).
Origini: il “Ponte dell’Energia”
La loro storia inizia nel 1948, quando l’Italia del dopoguerra decide di collegare la Sicilia alla rete elettrica nazionale. Il progetto – tra i più arditi dell’epoca – viene affidato a ingegneri che devono affrontare sfide topografiche, sismiche e ambientali.
I lavori partono nel 1952 e, nel 1955, i due piloni sono pronti a sostenere la campata sospesa di oltre 3,6 km, che per l’epoca rappresentava un record mondiale. L’elettrodotto, inizialmente a 150 kV, garantì lo sviluppo industriale e civile della Sicilia, i cui consumi energetici stavano crescendo vertiginosamente.
Numeri da record
I due piloni sono torri gemelle in acciaio, alte 224 metri (235 con le fondamenta), del peso di 450 tonnellate ciascuna.
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Il pilone siciliano sorge sulla spiaggia di Capo Peloro, nel borgo di Torre Faro a Messina.
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Il pilone calabrese si erge a Santa Trada, a Villa San Giovanni, su un’altura a 165 metri sul livello del mare.
Progettati per resistere a terremoti di decimo grado della scala Mercalli e a venti di 150 km/h, furono assemblati da appena 25 operai specializzati.
Dal servizio all’archeologia industriale
Nel 1985 l’elettrodotto viene sostituito da un collegamento sottomarino a 380 kV, tecnologicamente più efficiente. I cavi sospesi vengono rimossi nel 1993, ma i due piloni – destinati inizialmente alla demolizione – vengono salvati grazie all’interesse delle istituzioni e della cittadinanza.
Il pilone di Torre Faro, in particolare, è diventato un monumento di archeologia industriale e dal 2000 è illuminato con un impianto scenografico che ne esalta la verticalità. Anche quello calabrese, oggi in area privata, è stato valorizzato come simbolo storico e paesaggistico.
Nuove vite per due giganti
Oggi i piloni, pur senza funzione elettrica, hanno trovato un nuovo ruolo:
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sono utilizzati per misurazioni meteorologiche e telecomunicazioni,
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ospitano esercitazioni di soccorso in quota,
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rappresentano un’attrazione culturale e turistica.
Il pilone di Torre Faro è stato persino aperto al pubblico per brevi periodi: chi ha avuto il coraggio di salire i 2.240 gradini della scala interna ha potuto ammirare una vista mozzafiato a 360 gradi sullo Stretto.
Il valore educativo: il progetto CatenariaLab
Oltre al loro valore storico e paesaggistico, i piloni dello Stretto hanno ispirato anche iniziative didattiche innovative. Tra queste spicca “CatenariaLab”, ideato dal prof. Aldo Domenico Ficara, un laboratorio basato sulla costruzione di un modellino stilizzato (e non in scala) dei due piloni.
L’obiettivo è spiegare agli studenti non solo i principi della trasmissione dell’energia elettrica in generale, ma anche il funzionamento e l’importanza dello storico collegamento tra Sicilia e Calabria, rendendo così più viva e concreta la comprensione delle reti elettriche. Il progetto “CatenariaLab” è stato citato dal giornale online MessinaToday.
Un ponte tra memoria e futuro
I piloni di Torre Faro e Santa Trada non sono solo reliquie del passato industriale: sono monumenti che raccontano la storia dell’ingegneria italiana, del bisogno di modernità e di connessione, ma anche della capacità di trasformare infrastrutture obsolete in patrimonio culturale e strumenti educativi.
Oggi svettano come guardiani dello Stretto, testimoni silenziosi di settant’anni di energia che ha unito la Sicilia e la Calabria, e ora anche preziosi alleati nella formazione delle nuove generazioni.