Stipendio insegnanti, aumenti di 413 euro al mese? Solo sulla carta: la scuola italiana aspetta ancora i fatti

 


Il 22 ottobre 2025 il Governo Meloni ha celebrato con grande enfasi i tre anni di insediamento. “Il più longevo dopo Craxi e Berlusconi”, rivendicano da Palazzo Chigi, con toni da bilancio trionfale. E tra i successi sbandierati, spicca il fiore all’occhiello del Ministero dell’Istruzione: 152 mila nuove assunzioni e aumenti medi fino a 413 euro lordi al mese entro il 2027 per docenti e personale ATA.

Peccato che, come spesso accade, tra l’annuncio e la realtà ci sia di mezzo un abisso.

La matematica del futuro

I 413 euro non sono un risultato, ma una proiezione. Una promessa, un orizzonte. Ad oggi, dopo tre anni di governo e a un decennio dall’ennesima “emergenza scuola”, gli stipendi di chi lavora nelle aule italiane sono cresciuti di appena 95 euro lordi al mese, frutto del rinnovo contrattuale 2019-2021, firmato nel 2022.

Tradotto: l’aumento reale è poco più di un pieno di benzina. E per arrivare ai famosi 413 euro, ne mancano all’appello 267 — da ottenere con due futuri rinnovi contrattuali che ancora devono partire, essere finanziati e firmati.

L’arte della promessa

È un copione già visto. Ogni governo racconta la scuola come una “priorità nazionale”, salvo poi ricordarsene solo nei bilanci autocelebrativi o nelle campagne elettorali. Gli annunci si moltiplicano, ma nelle tasche di insegnanti e ATA arrivano sempre solo le briciole.

Nel frattempo, le classi scoppiano, i precari restano intrappolati in graduatorie infinite, e i giovani laureati guardano altrove, stanchi di un sistema che li considera “missionari” più che professionisti.

La realtà dietro il comunicato

Parlare di “risultati significativi” sull’istruzione mentre il personale scolastico continua a essere tra i peggio retribuiti d’Europa suona come una beffa. La retorica del “governo dei fatti” si scontra con una scuola che vive di supplenze, stipendi stagnanti e organici in affanno.

E allora, sì, i 413 euro fanno titolo. Ma finché resteranno solo una promessa scritta nei comunicati di Palazzo Chigi, saranno l’ennesima illusione aritmetica da campagna elettorale.

Perché un aumento “entro il 2027” non paga le bollette del 2025.