La scuola, nonostante le molteplici innovazioni che avrebbero voluto che cambiasse verso , rimane ancora un'organizzazione nella quale non è stato scalzato il primato della parola,scritta e orale. Non sempre ,però, si è preso atto che tanti dei nuovi entrati nella scuola di massa non la posseggono come sarebbe auspicabile ,ragione per cui in alcune realtà non ci si adopera per rimediare a questo deficit linguistico e culturale ,favorendo in questo modo gli alunni provenienti da alcuni ambienti sociali,dove si coltivano ancora le forme di conservazione e di sviluppo della parola:libri.giornali,riviste,media,rapporti sociali privilegiati,frequentazioni culturali,viaggi etc.etc…
Per evitare che le disuguaglianze del bagaglio culturale personale si allarghino ,a scuola bisogna dare risalto e primato all’ educazione linguistica,che dà la parola e poi la sviluppa .Il secondo rimedio a cui bisogna ricorrere è costituito dalla valorizzazione di tutte le esperienze d'apprendimento in cui la mediazione linguistica è funzionale alla manifestazione delle forme d'intelligenza,che per comodità definiamo non logico-linguistiche(musicale,spaziale,pratico-manipolatoria,creativa,progettuale,estetica etc)e che trovano nei diversi tipi di laboratorio una possibilità di realizzazione.
L'inclusione a scuola è un principio di natura etico-politica:tradurla in organizzazione e in tecniche di lavoro non è facile e non è sufficiente, se non è accompagnata da un forte convincimento morale che disponga all'accettazione della diversità,all'apertura verso le novità e ad un impegno professionale senza risparmi . Il disabile è la pietra d'inciampo più clamorosa;la sfida più ardua al regime dell'ordinarietà,perchè esige procedure e tempi diversi di lavoro scolastico e manifesta atteggiamenti stranianti verso la regola,la cosiddetta norma dei comportamenti.E' la prova più difficile per una pedagogia dell'inclusione.
L'inclusione ,però, oggi non riguarda solo il disabile,ma tutti i ragazzi del disagio sociale,della deprivazione culturale,della marginalità e per un aspetto che li coinvolge nella loro dimensione antropologica, non pochi nativi digitali:quelli del computer e dell'i-phone sempre accesi e dell’immersione continua nei social.
L'inclusione per la quale bisogna lavorare a scuola non fa parte di una strategia di normalizzazione sociale e di di controllo su alcune componenti sociali riottose o estranee all'ordine costituito;è /dovrebbe essere un segno di apertura e di civiltà della società.
RAIMONDO GIUNTA