La scuola italiana ha bisogno di laicità

Un seminario cui sono stata invitata a partecipare qualche giorno fa presso la Casa delle Donne a Roma mi ha invitata a riflettere ancora sul tema scuola e laicità.
In occasione dell’8 marzo ho pubblicato un pezzo dal titolo Scuola: sostantivo femminile. Anche laicità è un sostantivo femminile. E se è vero – come sostiene Gastone Bachelard ne La poétique de la rÊverie – che esiste un animus e un’anima delle parole nelle differenti lingue, questo qualcosa vorrà dire. Certamente la scuola statale è laicità. La laicità è propria della scuola statale. Esiste un rapporto necessario ed imprescindibile tra questi due termini così cari alla coscienza democratica dell’Occidente.





Il binomio scuola pubblica e laicità evoca automaticamente suggestioni, talune immediate, altre un po’ meno.
Provo a ricordarne alcune, quelle che mi sembrano le più significative.
Scuola e laicità come principio giuridico, che deriva dalla Costituzione. Sono tanti i commi degli articoli 33 e 34 – quelli dedicati alla scuola – che direttamente o indirettamente trattano di laicità. Ancor più dei primi 3 commi dell’art. 33 (L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato), suggestiona straordinariamente il solenne e commuovente incipit dell’art. 34: “La scuola è aperta a tutti”; con poche, semplici parole spiega tutta la grandezza della scuola pubblica e della nostra Costituzione. Eppure il binomio scuola pubblica/laicità ha avuto bisogno – e soprattutto in questi ultimi anni – di essere continuamente riaffermato, oggetto com’è di continue violazioni: dal crocefisso nelle aule, all’insegnamento di religione cattolica, alla legge 62/2000, quella della parità scolastica. Senza contare le continue invasioni di campo che le autorità ecclesiastiche o le istituzioni confessionali http://www.retescuole.net/contenuto?id=20111108091152 compiono – in maniera più o meno diretta – sul terreno della scuola pubblica.
Scuola e laicità come obiettivo politico. Si tratta della più alta, praticabile ed intenzionale concretizzazione di una cittadinanza inclusiva e non esclusiva. In quest’accezione la laicità non è solo non confessionalità, ma principio più esteso ed estendibile, atteggiamento generale di valorizzazione della diversità. È consapevolezza praticata che  nell’integrazione, nella sinergia  e nella multi e pluriculturalità sta l’espressione più completa e complessa della cittadinanza come facoltà di esseri autonomi pensanti. È il luogo in cui diritti e doveri di ciascuno e di tutti assumono il pieno spessore culturale, etico e civile.
Scuola e laicità come valore culturale e di pratica di cittadinanza attiva. Valorizzare il binomio costituisce l’antidoto principale contro il pensiero unico, contro quella pedodemagogia che hanno  tentato di indurci a pensare politiche e provvedimenti presi dai decisori come reali, mentre si trattava di semplici annunci. Che hanno tentato di farci credere legittime scorciatoie e illegittimità, se solo pensiamo alle procedure attraverso le quali è stata resa operativa la (contro)riforma Gelmini, prima ancora che fosse testo di legge; che non ci hanno fatto indignare per sentenze del Tar e persino del Consiglio di Stato, che ne hanno sancito l’illegittimità. Che hanno tentato di mascherare con etichette di facile impatto mediatico e demagogico – “razionalizzazione e semplificazione” – il taglio brutale di posti di lavoro e il conseguente impoverimento della scuola pubblica italiana. Che sventolano sotto la formula buona per ogni stagione – “Ce lo chiede l’Europa” – operazioni pedestri ed impositive di pseudovalutazione, di improvvisazione di quella cultura valutativa che tanto farebbe bene alla nostra scuola, ma che non esiste e va costruita con studio ed investimenti. Infine, che tenta di farci credere che nell’aggettivo “moderno”  sia necessariamente contenuta una provvidenziale panacea, la soluzione a tutti i mali della scuola, distraendoci dal perseguire il tentativo di dirimere i problemi e le criticità che stanno tradendo il mandato che la Costituzione ha affidato alla scuola pubblica.
La laicità non è dunque solo un principio da difendere; ma è condizione indispensabile perché la nostra professionalità di insegnanti ed in generale di operatori della scuola si realizzi; è condizione professionale, è competeneza. È la forma culturale del pensiero critico.
Per questo – oggi più che mai – c’è molto bisogno di laicità.

Marina Boscaino

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