Le prove Invalsi, il centometrista e il decatleta

Articolo segnalato dal Prof Vincenzo Pascuzzi


di Mario Gambera – 26 giugno 2013

Che la nostra scuola abbia bisogno di valutare i risultati conseguiti dai nostri allievi è un fatto certo e necessario. Tutt’altra cosa è invece affermare che le attuali prove INVALSI così come sono oggi strutturate siano idonee allo scopo.
Queste brevi considerazioni scaturiscono dall’essere stato osservatore per conto del ministero, per due anni, presso istituti comprensivi e in qualità di docente del triennio scientifico di Matematica e Fisica.

Il primo vulnus sta nel fatto che le prove misurano conoscenze e competenze che spesso non sono quelle richieste ai nostri allievi durante il normale percorso curriculare . Più si cresce nell’età, e più cresce la forbice fra quello che i docenti costruiscono nelle classi e quello che “crea – idea - pensa” quali dovrebbero essere le competenze acquisite dagli allievi. Ciò “forse“ anche dovuto a due elementi che molto spesso si sommano e contribuiscono a non farci ottenere una corretta misurazione del “sapere” dei nostri giovani.




Il primo elemento che inficia il risultato delle prove è legato a chi di fatto prepara le prove, che “sembrerebbe” conoscere, solo “approssimativamente” i contenuti e lo sviluppo reale nelle classi dei cosiddetti “programmi” mentre sarebbe auspicabile una consolidata e pluriennale esperienza sul campo.

In secondo luogo le prove sono strutturate in modo diverso da quelle abitualmente utilizzate dai docenti nelle verifiche scritte in itinere in classe per cui i ragazzi si trovano spesso spaesati più dalla forma che non dalla sostanza. Inoltre i libri di testo in uso non presentano alcun tipo di esempio collegabile ai test Invalsi.

Un esempio che mostra entrambi gli elementi sopradetti lo troviamo nella domanda n. 31 della prova di matematica per le classi quinte elementari così come correttamente evidenziato da M. di Stasio [1].

La divergenza Nord – Sud, a mio avviso, sta nel fatto che il numero di docenti più “ligi al dovere” cioè disposti a destinare tempo curriculare allo svolgimento di diverse simulazioni preparatorie alle prove INVALSI è maggiore al Nord rispetto al Sud (indipendentemente dal grado di condivisione). Questa maggiore (e corretta) disponibilità dei colleghi attenua il disorientamento provato dai discenti al momento della lettura dei quesiti e conseguentemente essi riescono a rispondere correttamente ad un maggior numero di domande.

Passiamo ora a qualcosa di più “sostanzioso” . Per fare ciò dobbiamo chiederci i risultati ottenuti dagli allievi dei vari paesi misurano realmente le loro capacità!? o misurano il grado di apprendimento del sapere loro fornito? Si potrebbe pensare che queste due cose coincidono ma in realtà a mio avviso non è cosi. Vediamo di capire il perché con un esempio.

Se abbiamo due atleti A e B e testiamo la loro preparazione facendogli fare delle corse sui 100 e/o sui 200 metri e scopriamo che l’atleta A ottiene dei tempi migliori dell’atleta B concludiamo che “A è più forte di B”. Successivamente ci informano che A è un duecentometrista mentre B è un decatleta. Siamo ancora sicuri che l’affermazione “A è più forte di B” sia corretta? Forse sarebbe più corretto dire “A è più forte di B nelle corse veloci” ma non ad esempio nel lancio del disco o nel getto del peso.

In modo similare le prove OCSE-PISA, le prove INVALSI e tipologie di prove similari misurano una fetta del sapere e, per la precisione quel sapere su cui puntano i sistemi scolastici dei paesi che grosso modo si ispirano al modello anglosassone/nord-europeo ma non misurano bene il nostro sistema scolastico che dedica meno tempo a quei saperi oggetto delle prove internazionali. Questo perché il nostro sistema scolastico (come l’atleta B che si dedica al decathlon) ci permette di conoscere tanti gusti del sapere (tante piccole fettine di sapere) e non una sola grossa fetta.

Comprendere, ora quale sia lo sport migliore se quello praticato dall’atleta A (sprinter) o quello praticato dall’atleta B (decathlon) non è semplice, ma di sicuro il metro di valutazione non può essere quello di confrontarsi sui 100 e/o 200 metri.

Ho potuto constatare personalmente quanto detto in precedenza anche attraverso l’esperienza di quest’anno. Infatti in due delle mie classi, grazie al progetto Intercultura, sono stati presenti allievi di diversa nazionalità, Austriaca e Venezuelana. Ciò mi ha permesso di aprire una piccola finestra sul loro modo di fare scuola che per molti versi mi affascina ma per altri mi lascia fortemente perplesso. Le loro conoscenze risultano molto più finalizzate a cosa specificatamente preparano ma, la loro preparazione e conoscenza in alcuni altri campi a volte non è paragonabile a quelle dei nostri ragazzi di scuola media.

Quale sia il sistema scolastico “migliore” nessuno lo può dire a priori ed è oggetto di continuo dibattito, in molti paesi, ma di certo non possiamo confrontarli tout court. Quindi, concludendo o modifichiamo il nostro sistema scolastico rendendolo più simile a quello anglosassone e quindi a quel punto possiamo confrontarci in modo paritario attraverso le prove INVALSI, OCSE-PISA oppure consideriamo prove differenti per sistemi scolastici differenti che poi normalizziamo ad un'unica scala di valori (conoscenze, competenze, ecc..).

Prof. Mario Gambera

Liceo Scientifico Statale “Ettore Majorana” – Scordia (Catania)