Soltanto
quando ci scappa il morto, certi argomenti – solitamente snobbati o del tutto
mal impostati – come “le gite” balzano con dolorosa prepotenza alla ribalta: due giovani studenti, uno di diciannove e
l’altro di diciassette anni, sono morti in circostanze tuttora poco chiare
durante i “viaggi di istruzione” (come più correttamente si dovrebbero definire
tali attività) proposti dalle loro Scuole.
Si
constata subito la divisione in due campi opposti.
Basta
con le gite, avevano un senso tanto tempo fa quando i ragazzi viaggiavano poco,
non certo ora, con la globalizzazione: vanno abolite, senza se e senza ma
(posizione espressa da Giorgio Rembado, presidente dell’ANP: “I
viaggi d’istruzione, a mio avviso, andrebbero aboliti e se i professori non
vogliono più accompagnare gli studenti hanno ragione”).
Sull’altro
fronte: avanti senza tema con le gite, che rappresentano un fondamentale
momento di socializzazione e di ricca proposta culturale (posizione
dell’attuale Ministro del MIUR, Stefania Giannini: “Le gite scolastiche non
sono in discussione, non sono queste organizzazioni le cause di questi drammi”:
posso osservare che è addirittura commovente questa sintonia tra voci così
autorevoli?!).
Bisognerebbe,
credo, vedere il problema da
un’angolazione più ampia, senza assumere subito posizioni manichee.
E
fornire anzitutto una corretta informazione, dicendo alla pubblica
opinione quanto sia assurdo (e
anacronistico) il gravame di responsabilità sui docenti che volontariamente
accompagnano le loro classi ed evidenziando il NULLO COMPENSO che viene loro (non)
corrisposto per ciò.
Una
cosa è certa: non si può continuare ad
organizzare i viaggi d’istruzione come si è fatto sinora, affidandosi sempre e
solo sul “volontariato” dei docenti.
Qualche
aneddoto può spiegare meglio la realtà.
Una
madre (è successo!) telefona alla Segreteria della Scuola lamentandosi
dell’eccessivo costo della gita proposta a suo figlio: lei ha controllato e su
Internet costa meno!!
Qualcuno
ha mai spiegato a questa informatissima signora che la “gita” non la si fa
tanto per fare, che non è un viaggio di piacere ma che si inserisce in una
progettazione didattica, è un’offerta culturale che richiede studio,
organizzazione, tempo ed energie profuse dai docenti coinvolti (tutte attività
anche queste elargite gratis et amore Dei!
Quali altri professionisti “regalano” così il loro tempo e la loro
professionalità?! Di questo mi piacerebbe che qualche organo di stampa parlasse,
una buona volta!).
Qualcuno
afferma più o meno a mezza voce che i docenti vanno in viaggio a spese dei loro
studenti (in aggiunta a tutti gli altri privilegi che hanno, no?): se ci si
prendesse la pena di verificare le condizioni proposte dalle Agenzie (tutte!) e
poi magari si facessero due conti sul tempo (la quantità di ore) che i docenti
passano in gita (le notti in bianco, il dovere – assurdo e in palese contrasto
col buon senso antico: ad impossibilia
nemo tenetur – di vigilanza “h24”, per dirla alla Maroni-Crozza!) non si farebbe
un grande sforzo a smentire ciò.
Diamo
poi un’occhiata ai dati concreti , guardiamo in faccia davvero la realtà.
Un
recente sondaggio di Skuola.net informa che su un campione di 1500 studenti due
su cinque in gita sono scappati dall’albergo; uno su quattro si è ubriacato;
più del 13% ha fatto uso di droghe, senza parlare di episodi di bullismo e
risse.
Ci
sono insomma tutte le premesse perché si verifichino fatti gravissimi, proprio
come quelli che ora ci documenta la cronaca, ed ha quasi del miracoloso quando
ciò non si verifica.
Commento
di Mario Rusconi, vicepresidente dell’ANP: “Le gite nelle scuole secondarie
sono diventate una kermesse liberatoria degli spiriti nascosti degli studenti”.
Un
modo elegante per dire che le gite sono un (anzi, il) momento di sballo più facile e più atteso di tutto l’anno
scolastico: ma lo “sballo” – riconosciamolo una buona volta con un minimo
di onestà intellettuale – l’abbiamo incoraggiato tutti,
siamo stati tutti sinora molto indulgenti in merito…salvo poi stracciarci
ipocritamente le vesti quando si verificano autentiche tragedie.
Anche
e soprattutto perché abbiamo finito per confondere la scuola con tante altre
cose, più o meno nobili, che con la scuola e con l’educazione proprio non
c’entrano.
Esattamente come
quella signora dell’aneddoto, che l’ha scambiata per un’Agenzia Viaggi, persino
un po’ esosa.
Stefano Casarino