Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Siamo tutti preoccupati da docenti e da
genitori per la riapertura delle scuole. In questi ultimi scampoli di estate ci
assalgono dubbi amletici a cui non sappiamo dare una facile risposta. Perché
per entrare in qualsiasi ufficio pubblico, anche se spazioso, in fase di
emergenza si deve attendere la prenotazione e si ha accesso solo a turno e con
la mascherina o addirittura il ricevimento al pubblico è stato sospeso e per i
dipendenti è previsto lo smart working, mentre a scuola, in mancanza di
condizioni di distanziamento, si può stare assembrati in 24 in un'aula con
mascherine, che i ragazzi toglieranno con grande disinvoltura, e senza sistemi
adatti di aerazione?
Perché in qualsiasi posto in cui è previsto il contatto
con il pubblico sono previste barriere in plexiglas mentre per il docente
bastano solo due metri di distanza dagli alunni in un'aula chiusa? Perché in
ospedale le visite non urgenti sono state sospese e i pazienti prima di essere
ricoverati sono sottoposti a tampone e a scuola ci si accontenta della
misurazione della febbre a casa e di un test sierologico volontario solo per
gli insegnanti? Perché si parlava tanto di dimezzare le classi e
improvvisamente di questo non si discute più? Perché si è passati dal metro di
distanziamento statico tra gli alunni in classe alla mascherina quando questo
non sarà possibile? Il virus forse a scuola non circolerà? I ragazzi e gli
insegnanti sono immuni? L'emergenza o esiste per tutte le categorie di utenti e
di lavoratori o non esiste.
Gli uffici pubblici o aprono tutti a pieno regime
oppure restano chiusi. L'Italia è il mondo delle mille contraddizioni e non è
un paese per persone coerenti. È vero che l'istruzione è un diritto
fondamentale dell'individuo sancito dalla Costituzione, ma lo è altrettanto o
ancora di più il diritto alla salute. Noi insegnanti siamo consapevoli di
essere investiti di una missione di altissimo valore (anche se ci viene
disconosciuta dai più), quella di dover formare le future generazioni, ma non
per questo dobbiamo sacrificarci sull'altare della patria senza tutele idonee.
Con questo discorso non vogliamo certo dire di non voler rientrare a scuola, ma
vogliamo reclamare il diritto di farlo sicuri di non portare il virus alle
nostre famiglie, sicuri di poter ancora vivere e insegnare (almeno fino alla
pensione).
Un gruppo di docenti italiani