L’empatia dell’insegnante non si deve chiedere come “dote naturale”, ma come una competenza


Riportiamo un commento di Paolo Boschi, Presidente della Agenzia Formativa Apogeo, pubblicato nel gruppo di RTS “ Ordine Professionale degli Insegnanti ( OPI ). Nel commento Boschi scrive: “ Continuo a incontrare post sull’empatia e mi pare che sia un concetto ormai abusato e deformato. Sembra che voglia dire tutto, quindi niente, con un particolare riferimento a “sentire l’altro”, “diventare l’altro”, “vivere le emozioni dell’altro”, con una pretesa che forse ostacola la relazione. Infatti, intanto non è possibile, perché l’altro è comunque “altro” rispetto a noi (cfr. Rodgers) e poi, se ci spogliamo dei nostri panni non ci siamo più, ma non c'è nemmeno l'altro, perchè gli abbiamo tolto i suoi con la pretesa di prenderli noi. Invece, ad esempio, quando un adulto gioca con i bambini entra con loro nel gioco, secondo alcuni principi (Cfr. G. Rodari, Grammatica della fantasia), ma non diventa un bambino. Anzi, mantiene vigile la sorveglianza per la sicurezza e non ruba il gioco. Così, mi pare che l’empatia non possa essere uno stato permanente né che la si possa chiedere come “dote naturale”: va intesa in un altro modo, professionale, e potremmo - forse dovremmo - considerarla una competenza “.