Salvatore Settis: si può insegnare solo a patto di sapere come, non che cosa



" Ci sono sempre stati buoni maestri, quelli che praticano con passione e impegno il proprio mestiere e sanno comunicare ai giovani curiosità, interesse, entusiasmo; e ci sono sempre stati cattivi maestri, scontenti di sé, insicuri, incapaci di dialogare e di suscitare attenzione. Ma quel che stimola ogni trasmissione di conoscenza è l’appassionata pratica di un sapere e il conseguente desiderio di trasmetterlo ai più giovani. La conoscenza si propaga per contatto fra esseri umani, e sono i contenuti che ne assicurano il travaso da una generazione all’altra. Da alcuni decenni è di moda credere che per insegnare, poniamo, la matematica o la storia non basta conoscere bene queste discipline, ma è indispensabile praticare qualcos’altro, che le supera e le contiene: la didattica della matematica, la didattica della storia. Questa perniciosa petitio principii ha infettato le nostre menti, ma anche le circolari ministeriali, i meccanismi di reclutamento e di valutazione. La didattica, o pedagogia che dir si voglia, tende così a diventare non un sapere fra gli altri, bensì una sorta di super-disciplina che pretende di superare o contenere tutte le altre. Di conseguenza, si può insegnare solo a patto di sapere come, non che cosa”. Questo è il pensiero di Salvatore Settis, noto archeologo e storico dell’arte, Accademico dei Lincei, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa dal 1999 al 2010,