Per migliorare la scuola bisogna tornare alle classi differenziali ?


Ernesto Galli della Loggia nell’editoriale dal titolo “La strana amnesia sulle mire di Tito, la falsa inclusività della scuola”, sembra scandalizzato dal fatto che in Italia “convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, ragazzi disabili anche gravi con il loro insegnante personale di sostegno (perlopiù a digiuno di ogni nozione circa la loro disabilità), poi ragazzi con i Bes (Bisogni educativi speciali: dislessici, disgrafici, oggi cresciuti a vista d’occhio anche per insistenza delle famiglie) e dunque probabili titolari di un Pdp, Piano didattico personalizzato, e infine, sempre più numerosi, ragazzi stranieri incapaci di spiccicare una parola d’italiano”. A questo punto, la soluzione al problema sia solo quella di tornare alle classi differenziali, abolite da un governo democristiano, l’Andreotti III, grazie alla legge 517 del 4 agosto 1977, che permise ai ragazzi “in situazioni di handicap” – poi la definizione è cambiata – di accedere alle scuole elementari e medie come tutti i loro coetanei, senza finire nelle scuole speciali dov’erano destinati secondo la legislazione precedente.