L’annuncio del Ministero dell’Istruzione e del Merito sullo sblocco dei fondi destinati ai Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) è una di quelle notizie che dividono. Da una parte c’è un atto dovuto, atteso da anni: finalmente arrivano le risorse per pagare l’indennità di reggenza dei DSGA che, negli ultimi tre anni scolastici, hanno mandato avanti istituti sottodimensionati o con carichi di lavoro straordinari.
La legge 26 settembre 2025, n. 142 ha reso disponibili 1.403.672 euro, somme che copriranno arretrati accumulati in un silenzio amministrativo imbarazzante. Bene, anzi benissimo: chi lavora di più, deve essere pagato. Inutile girarci attorno.
Ma arriva puntuale la nota stonata: per l’ennesima volta, la scuola trova fondi per tutto… tranne che per gli insegnanti.
La politica degli “arretrati selettivi”
È difficile non notare come ogni provvedimento sembri confermare una visione distorta della scuola italiana: un sistema in cui alcune figure vengono riconosciute economicamente solo quando il ritardo diventa macroscopico, mentre la categoria più numerosa — e già più fragile per stipendi e condizioni di lavoro — rimane sistematicamente esclusa.
I DSGA, infatti, ricevono gli arretrati per una funzione aggiuntiva realmente svolta. Giusto. Ma gli insegnanti?
Sono gli insegnanti che in questi stessi anni hanno:
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coperto cattedre scoperte,
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preso supplenze all’ultimo minuto,
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svolto funzioni aggiuntive non sempre riconosciute,
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gestito classi pollaio,
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garantito continuità didattica in condizioni spesso impossibili.
Eppure, per loro, nemmeno l’ombra di uno stanziamento straordinario. Nemmeno lo sforzo di un riconoscimento simbolico.
Il paradosso: si riconosce l’emergenza amministrativa, non quella didattica
Colpisce che il Ministero si affretti (dopo anni, ma comunque si affretti) a sanare un debito nei confronti dell’area amministrativa, mentre continua a ignorare la crisi strutturale dell’insegnamento.
È come se il messaggio fosse:
“L’organizzazione vale, la didattica un po’ meno.”
Una scuola può funzionare senza carta, senza bilanci aggiornati, senza protocolli attivati? Certo che no.
Ma può funzionare senza insegnanti motivati, pagati dignitosamente e messi in condizione di lavorare?
Anche qui, la risposta è no — solo che il Ministero sembra dimenticarlo.
La retorica del “non ci sono risorse”, smontata dai fatti
Ogni volta che si parla di aumentare gli stipendi agli insegnanti, la risposta istituzionale è sempre la stessa:
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non ci sono fondi,
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non ci sono margini,
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non è una priorità nell’attuale quadro di bilancio.
Eppure, quando serve, le risorse spuntano.
Curiosamente, quasi mai per la funzione docente.
Conclusione: un’altra occasione mancata
Il provvedimento per i DSGA è sacrosanto.
Ma è impossibile non vedere l’altra faccia della medaglia: un sistema che continua a trattare gli insegnanti come un costo da contenere, non come un investimento.
L’impressione — sempre più difficile da scacciare — è che la scuola italiana stia diventando un mosaico di piccoli interventi, targhettizzati, parziali, utili a “mettere a posto” singole categorie mentre si evita accuratamente di affrontare il nodo centrale: la dignità economica e professionale di chi ogni giorno entra in classe.
Perché la verità, quella che nessuna nota ministeriale ammetterà mai, è semplice:
per molti, nell’agenda politica, gli insegnanti valgono sempre un po’ meno degli altri.